Addio alla mamma dei carabinieri
Di Domenica Lupo (1917-2013), conosciuta da tutti come Mimma, parlavano più gli occhi profondissimi, scavati, quelli di chi ha pianto molto nella vita. Dicevano tanto di sé anche l’abbigliamento, spesso non disdegnava un cappello da carabiniere, e la sua grinta nel raccontare una vicenda bellissima e dolorosa, che le aveva segnato la vita. Una lunghissima vita, quasi 96 anni, che si è conclusa in una casa di riposo di Palermo il 3 gennaio scorso.
Questa anziana donna ha stretto un legame così forte con i giovani militari dell’Arma in servizio a Palermo, da diventare nel tempo la “mamma” dei carabinieri. A loro portava il thé, l’acqua, i cornetti, i tipici panini con le panelle. A qualcuno attaccava un bottone, ad un altro sistemava la divisa, condividendo tutto con questi giovani diventati la sua famiglia.
Finché un giorno, tra quei carabinieri, è arrivato un giovane scrittore, Alessio Puleo, che ha scavato nella storia di Mimma scoprendo il suo intenso amore per un giovane brigadiere, mai dimenticato peraltro, ostacolato dalle regole non scritte degli uomini d’onore della Palermo degli anni trenta. Costretta poi a sposare un mafioso locale, la donna aveva subìto di tutto per lunghi anni: violenze, soprusi, segregazioni, miserie.
Chiusi gli anni del matrimonio, Mimma ha scelto di dedicare la sua vita ai carabinieri di guardia a casa del giudice Paolo Borsellino, vicino alla quale si era trasferita. Mimma ha vissuto con questi giovani lo sgomento e la paura dopo la strage di via d’Amelio, ha assistito la vedova del magistrato, Agnese, nei momenti più dolorosi, trasformando il suo dolore in occasione di speranza.
Abbiamo raggiunto a Palermo Alessio Puleo, che ha pubblicato la storia di Mimma in un libro, “La mamma dei carabinieri” (ed. Longanesi), diventato subito un caso letterario.
Quale è stato il primo pensiero alla morte di Mimma?
«Che un pezzo della mia vita se n’era andato. Mimma era per me una mamma adottiva, per l’amore che mi ha dato e che ha dato a tutti i miei compagni. Confesso di aver pianto ma non mi sono disperato, forte dell’esempio di coraggio che questa donna ha dato a tutti».
Quale eredità lascia Mimma per l’Arma dei Carabinieri?
«Mimma lascia l’amore, solo l’amore che lei ha vissuto e incarnato, donando la sua vita per i carabinieri e per tutte le persone che ha incontrato. La sua è tutta una storia di abbandono, di tristezze, eppure Mimma è riuscita ad amare fino all’ultimo tutti e a non odiare mai nessuno. Questa è stata la sua grandezza».
Pensi che la storia di Mimma possa dare un contributo anche al riscatto della società siciliana, in questo momento storico così particolare?
«Penso di sì. Quello di Mimma rimane un contributo tutto particolare anche dal punto di vista dell’impegno civile. Posso dire questo perché vedo l’attenzione e la sensibilità soprattutto dei giovani verso la storia e l’esempio di Mimma. Molte scuole siciliane hanno adottato il libro come testo di narrativa. E questo ci spinge tutti a non cadere negli errori dei nostri avi, continuando a lottare per migliorare la nostra città, quel piccolo pezzo di mondo che ci è affidato».